BRUNO PERINI - MILANO
La storia che vi raccontiamo è piuttosto torbida e potrebbe avere per titolo "Il grande ricatto". E' una storiaccia che risale a 6 anni fa e che ha per protagonisti Umberto Bossi, la Lega, e un ex poliziotto svizzero dell'antidroga: Fausto Cattaneo, autore di un libro, "Come mi sono infiltrato nei cartelli della droga", uscito in Francia qualche mese fa per l'editore Albin-Michel e in cerca di un editore in Italia. Sullo sfondo la palude berlusconiana che potrebbe allagarci il 13 maggio. Qualcuno, come ad esempio Michele Gambino nel libro di recente pubblicazione "Il cavaliere B.", ha già accennato alla vicenda da basso impero che cercheremo di raccontare in questo servizio, ma noi, alla vigilia delle elezioni, abbiamo voluto tornarci per ricordare a noi stessi e a tutti quelli che andranno a votare la qualità umana e politica degli uomini che fra una settimana potrebbero prendere le redini del paese. Per evitare fraintendimenti e imprecisioni siamo andati a trovare a pochi chilometri da Bellinzona, Fausto Cattaneo, l'ex poliziotto, e ci siamo fatti raccontare da lui gli avvenimenti di questo scorcio di Berlusconeide. Bisogna fare un passo indietro. E tornare al 1991 quando Fausto Cattaneo, agente antidroga, nome in codice Pierre Tarditi, viene in contatto, in veste di infiltrato, con Juan Ripoll Mari, un finanziere ispano-brasiliano che si occupa di importazione di prodotti alimentari dal Sud America. Ripoll, secondo le polizie di mezzo mondo, non è soltanto un commerciante, la sua attività clandestina pare che sia il riciclaggio di denaro sporco. Cattaneo viene infiltrato proprio per partecipare a un'operazione di riciclaggio che prenderà il nome di "Mato Grosso" e che vede come capofila Juan Ripoll Mari. Quando Cattaneo si incontra con lui, questi gli dice: "Il tuo compito sarà quello di prelevare i soldi dalla Spagna, dalla Francia e dall'Italia e trasferirli in Svizzera per versarli su un conto corrente a Lugano". Il "commerciante", tuttavia, non dice soltanto questo. Quando parla dei "consorzi" che dovranno consegnare il denaro da portare in Svizzera aggiunge: "In Italia dovrai andare dagli uomini del clan Berlusconi". Quelli di Torino, specifica Ripoll Mari. Tutto è pronto per l'operazione Mato Grosso, ma alla vigilia della partenza l'inchiesta della polizia cantonale si interrompe e dell'operazione di riciclaggio non si sa più nulla fino a qualche anno dopo. Ma Pierre Tarditi, alias Fausto Cattaneo, scrive un rapporto di polizia, datato 13 settembre 1991, nel quale cita esplicitamente l'episodio che riguarda Silvio Berlusconi, raccontato da Rippol Mari. Il commissario dell'antidroga aggiunge che già in passato era spuntato il nome di Silvio Berlusconi a proposito della Pizza connection e dunque non c'è da meravigliarsi. "E' sulla base di quel rapporto - racconta Fausto Cattaneo pensando a quei giorni turbolenti - che nel 1995 fui contattato prima dagli uomini di Umberto Bossi, poi da Bossi in persona. C'era appena stato il ribaltone e quando la Lega venne a conoscenza del mio rapporto mi chiese un incontro. Volevano da me le prove delle mani sporche di Berlusconi. Come mi spiegarono di persona, volevano distruggere quel personaggio di nome Silvio Berlusconi. Era una domenica di primavera. Al bar Club di Cadenazzo (Bellinzona), un villaggio di 800 abitanti, incontrai il deputato Roberto Calderoli e il professor Gian Battista Gualdi. Bevemmo un ottimo vino francese. Ricordo persino che il proprietario, un vecchio amico, mi disse: "Il locale rimane aperto fino a mezzogiorno, ma tu fai quello che devi fare. Quando hai finito chiudi e poi mi fai avere le chiavi". I due galoppini di Bossi mi chiesero se su Berlusconi sapevo qualcosa di più di quello che avevo scritto nel rapporto. Risposi di no e spiegai loro che a un certo punto l'operazione che avrebbe dovuto portare a Torino si era interrotta per motivi a me ignoti ma gli feci capire che, essendo io un investigatore ormai fuori dalla polizia, avrei potuto continuare le indagini. Calderoli e Gualdi mi risposero che non erano autorizzati ad affidarmi un'inchiesta e mi dissero che mi avrebbero fatto parlare con Bossi. Dopo qualche giorno il professor Gualdi mi chiamò al telefono e mi disse che Bossi era pronto a incontrarmi nella sede della Lega a Milano. In quei giorni, prima dell'incontro con Bossi, ricevetti una telefonata da un esponente della Lega, il senatore Boso, che mi chiedeva di impegnarmi a fondo per distruggere Berlusconi". Che cosa ricorda di quell'incontro? "Intanto non feci l'errore di andare solo. Mi presentai con due miei amici. Uno di questi era un commissario di polizia in pensione, l'altro era un giornalista. All'inizio Bossi fece il duro, sembrava che gli desse fastidio la nostra presenza. Ma quando gli feci capire che erano loro che avevano bisogno di me, abbassò le arie e cominciò a dirne di tutti i colori su Silvio Berlusconi. Ci lasciammo con un nulla di fatto ma pochi giorni dopo mi telefonò il professor Gualdi e mi disse che la lega Nord aveva stanziato un primo anticipo di 8 milioni per consentirmi di fare un viaggio in Brasile, dove avevo avuto i primi contatti con Juan Castaneda, (il nome in codice usato da Cattaneo quando parla di Juan Ripoll Mari, ndr). Mi diedero gli otto milioni in una busta all'uscita dell'autostrada, Como Nord. Quando arrivai in Brasile mi limitai in un primo tempo a ricostruire le strade di come avevo conosciuto Juan Castaneda. Scoprii però una cosa interessante che nel mio intimo mi convinse pienamente a proposito dei rapporti che Juan Castaneda diceva di avere con la Fininvest. Ecco di cosa si tratta: in un hotel di proprietà di un amico intimo di Castaneda, tale Felipe, scoprii che si teneva un congresso o riunione di tutta la Fininvest del Brasile. Tentai di entrare ma non ci riuscii, il summit era ben protetto dalla security. Alla fine del mio soggiorno a Rio De Janeiro tornai in Italia e dissi agli uomini di Umberto Bossi che le cose si stavano mettendo bene. Ma da quel giorno non ebbi più notizie delle persone che mi avevano cercato". Spariti per sempre? "Sì. E mi sono sempre chiesto perché siano improvvisamente scomparsi gli emissari di Umberto Bossi". Già, una bella domanda che rimarrà senza risposta. Forse. Il Manifesto 9/5/2001
|