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CULTURA 10-05-2001

ALTAN

un antropologo che racconta le nostre sconfitte

umberto eco

Uno dei punti dolenti nel corso delle discussioni di estetica del comico è che il comico sembra soffrire di una strana malattia: vive e prospera nel proprio tempo e nel proprio contesto, ma rischia di perdere sapore quando, per così dire, è scaduto il termine.
Di qui l'invidia del comico nei confronti del tragico, e la tendenza a sottovalutare gli autori comici rispetto a quelli drammatici (infatti si dice che Campanile era sì un umorista, ma anche uno scrittore di talento, mentre non verrebbe in mente a nessuno di dire per esempio che Moravia, pur scrivendo di situazioni malinconiche e squallide, era ciononostante un grande scrittore).
Possiamo sapere poco della vita dei Greci antichi, ma quando Edipo apprende di avere ucciso suo padre e sposato sua madre fremiamo ancora, come se la cosa accadesse oggi, e accadesse a noi. Ma, vedendo Aristofane in un festival estivo, gli spettatori si chiedono sempre perché mai dovesse prendere in giro Socrate.
Pensiamo a cosa accade quando troviamo in una vecchia cassa in cantina, o su una bancarella, un romanzo d'amore passione e morte dell'Ottocento: potremo anche decidere che si tratta di letteratura popolare, ma comprendiamo quali siano i drammi di cui ci parla, anche se fa allusione a situazioni e costumi di un tempo lontano. Invece se troviamo una rivista umoristica dell'epoca, al massimo sorridiamo sulle caricature di qualcuno ma, anzitutto, non riconosciamo la persona caricaturata (e si perde già il meglio) e, in secondo luogo, non comprendiamo più perché quella battuta dovesse far ridere. Eppure ai propri tempi era stata considerata divertentissima. Le storie di fantasmi raccontate dalla vecchia nonna fanno ancora rabbrividire i nipotini, ma le barzellette della sua gioventù li lasciano di solito indifferenti. Insomma, il comico invecchia, il tragico si mantiene meglio.
Eppure tutto ciò che ho detto (e che certamente vale per gran parte della produzione comica e umoristica di un tempo) può essere facilmente smentito. Quando assistiamo alla Lisistrata di Aristofane comprendiamo benissimo quale beffa le ateniesi ordiscano a danno dei loro mariti, e ridiamo quando leggiamo Rabelais. Magari non capiamo che la lista dei libri dell'Abbazia di San Vittore faceva il verso a libri esistenti all'epoca sua, ma le beffe di Panurge vanno ancora bene anche a noi. Gli avari e i malati immaginari di Molière li sentiamo sempre come caratteri che, fatte le debite correzioni, esistono ancora ai tempi nostri. E via dicendo. E' possibile che un giorno, perduta notizia di quali fossero i tormenti di un ebreo newyorkese nevrotico, non si riesca più a ridere dei meravigliosi film di Woody Allen, ma i nostri bisnipoti rideranno sempre quando (nella cineteca della loro astronave) vedranno Stanlio e Ollio che cercano di trasportare un pianoforte lungo una scalinata lunghissima e ripidissima.
Forse il prologo era un poco lungo, ma tanto mi ci voleva per arrivare ad Altan. C'è una sua vignetta, che non appare in questa sua raccolta (intitolata Anni frolli uscirà martedì 15, edita da Einaudi Stile Libero, pagg.200, lire 15.000, n.d.r.) perché credo sia stata pubblicata in altro volume, dove si vede uno di quei suoi signori grassocci e ripugnanti che dice: «Mi domando chi sia il mandante di tutte le cazzate che faccio». Credo che il tipo psicologico possa essere individuato anche tra mille anni, e allora forse si potrà forse inferire, da questa immagine e da questa battuta fulminante, le angosce del periodo in cui è nata, ossessionato da tante dietrologie. In ogni caso emergerà evidente in un lampo quella idea per dimostrare la quale Popper aveva scritto un saggio molto acuto ma lunghissimo: che, non riuscendo ad accettare l'idea che le cose accadano per caso o per loro colpa, gli uomini si sono sempre consolati immaginando che fossero l'effetto di un complotto altrui.
Forse la forza di Altan è nel non fare caricature di personaggi esistenti. Egli disegna dei Tipi. Alcuni sono certamente tipi storici, come l'immortale Cipputi, che forse un giorno apparirà come un Arlecchino della Commedia dell'Arte (che sopravvive anche quando più nessun servo dice "sior paròn"), memoria storica del fatto che un tempo è esistita una classe operaia. Ma gli altri suoi personaggi sono fuori del tempo, sono uomini obesi e casalinghe spettinate, odalische o cortigiane che avrebbero potuto vivere anche secoli fa, e non paiono avere un rapporto immediato con quel che dicono. A quale epoca appartengono i due amanti (certamente sudaticci, varicosi e cellulitici), che appaiono in questa raccolta, con lui che dice «Hai simulato l'orgasmo, confessa» e lei che risponde «Prova a simulare un'erezione, così ti vendichi»? E quel signore altrettanto sgradevole che dice «Peggio non poteva andare. Sono morto e mi sono reincarnato in me stesso»?
Un'altra citazione. «Se riesco a convincermi che sono ottimista, ce la possiamo fare». Oggi potrebbe averlo detto Rutelli, ma lo dirà sempre qualcun altro domani. E questa? Bambino e papà, il bambino dice: «C'è una cacca in mare». Il papà risponde: «Non toccarla, che può essere transgenica». Feroce oggi, ma non risulterà ancora più feroce tra cento anni?
Certo, questi personaggi di Altan sono fuori del tempo, ma dicono cose terribili per noi, vivono e lottano, ahimè, intorno a noi, fanno parte del nostro schifo quotidiano. Guai se non fosse così. Il comico, quando è tale nel pieno senso del termine, deve poter sopravvivere al periodo in cui nasce, ma deve pur sempre fustigare propri contemporanei (e in questo difficile equilibrio sta la sua scommessa). Talora siamo disposti ad accettare che alcune di queste vignette, affinché colpiscano oggi, rischino di risultare incomprensibili ai posteri. «E il revisionismo sulla resistenza?», dice qualcuno a Cipputi. E Cipputi risponde: «Non possiamo permetterci il lusso di un passato decente, se no al confronto risultiamo delle merde».
Noi ridiamo amaro, oggi, perché pensiamo che forse un giorno lontano questa battuta non ci dirà più nulla, e proprio perché il revisionismo avrà vinto. Oppure no, o non avrà vinto, o capiremo che cosa è accaduto, anche perché Altan ha fatto parlare oggi Cipputi, ultimo dinosauro di una razza che non vuole morire. Grazie Altan per tutti i bocconi amari che ci obblighi a ingoiare.

La Repubblica 10/5/2001