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CULTURA 10-05-2001

L’ELETTORE ARTIFICIALE

PROPAGANDA TELEFONICA



Gianni Vattimo

A leggere la lettera della signora Modolo (Il candidato artificiale, La Stampa del 9 maggio) viene in mente una famosa battuta di Eduardo De Filippo: «Chi c’è al telefono? La televisione. E allora falla parlare con il frigorifero». Anch’io (elettore nel collegio Torino-Centro) ho ricevuto la registrazione della voce che parlava a nome del notaio Scarabosio, candidato berlusconiano al Senato, ma per fortuna, se non con il mio frigorifero, ha «comunicato» con la mia segreteria telefonica, che purtroppo alla fine me l’ha scodellata con altri messaggi senz’altro più significativi e umani. Può darsi, come mi dice qualche amico giurista, che la norma severissima (promette anni di galera) della legge che vieta queste procedure (invadere la privacy telefonica altrui con messaggi registrati che occupano il telefono senza che vi si possa obiettare nulla, e nemmeno interrompere, giacché la linea resta comunque occupata) valga solo per la pubblicità commerciale. Finora nessun giudice l’ha interpretata estendendola alla propaganda politica. Ma forse dovrebbe farlo, non solo in omaggio alla privacy. Anche in difesa del costume democratico. Come si è visto abbondantemente nella attuale campagna elettorale, la agorà dei Greci dove i cittadini discutevano, si suppone anche animatamente, dei destini della polis, è diventata la «agorà televisiva» (dove solo alcuni discutono o fingono di discutere ) e di lì si è trasformata ulteriormente nel puro spazio degli slogan, degli striscioni attaccati agli aerei e nei muri in cui l’unico messaggio è il faccione del candidato. I radicali oggi digiunano per richiamare l’attenzione contro una campagna elettorale che ignora i grandi problemi della vita collettiva, dall’eutanasia alla ricerca sugli embrioni, e hanno ragione; dispiace che, anche di recente, non si siano battuti contro l’imbarbarimento della politica che deriva dallo strapotere dei soldi investiti nella propaganda, giacché il loro liberismo non sopporta che su questo terreno lo stato ponga alcuna regola, meno che mai che si preveda un finanziamento pubblico dei partiti. Il vuoto e la disattenzione che oggi lamentano è anche frutto di tale liberismo. Ma forse non siamo ancora arrivati all’estremo: il candidato artificiale (De Filippo docet) finirà per creare l’elettore artificiale, per esempio nella forma di un collegamento diretto tra gli istituti di sondaggio e gli exit poll, che, passando per l’auditel, ci darà i risultati elettorali senza che ci si debba scomodare per quel rito antiquato, umano troppo umano, che si svolge ancora nella «gabina».
Europarlamentare Ds

La Stampa 10/5/2001