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CRONACA 28-05-2001

REGIONALI IN SICILIA, CONTRADA SI CANDIDA CON AN

L’EX UFFICIALE DEL SISDE ASSOLTO

«Ma mi presenterò come indipendente, resto un uomo senza casacche»
DAL NOSTRO INVIATO
PALERMO - Appena assolto, aveva annunciato che non avrebbe indossato «casacche politiche», ma la tentazione di accettare una candidatura per le regionali del 24 giugno si è imposta sull’impegno che Bruno Contrada aveva preso con se stesso. E ieri l’ex numero tre del Sisde assolto dall’accusa di concorso esterno alla mafia perché «il fatto non sussiste», si è iscritto alla corsa per un seggio all’Assemblea siciliana nelle file di An, «da indipendente».
Lo sottolinea con forza che è solo «un modo per rendere un servizio alla Regione», per superare l’«ozio forzato» di questi anni, per riprendersi il diritto di parola, per impegnarsi nella lotta al «giusto processo» e, quindi, «senza casacche». Ma tra i suoi più stretti amici e nella sua stessa famiglia prevalgono mille dubbi. A loro sembra rivolgersi al termine della conferenza stampa tenuta ieri con il vertice siciliano di An: «L’unica casacca indossata finora è stata quella di ufficiale dell’esercito e poi di funzionario di polizia. Non credo, però, che con questa decisione io possa essere considerato incoerente, perché, ripeto, non sto indossando una casacca politica».
La notizia ha lasciato «amareggiati» i suoi avvocati, Gioacchino Sbacchi e Pietro Milio che l’hanno difeso in questi nove anni di tormento cominciati con 31 mesi di carcerazione. Ad entrambi il neo candidato assicura che non farà campagna elettorale: «Non cercherò voti. Faccio sapere solo che sono da "indipendente" nelle liste di An, e basta». Che si sia trattato di una decisione tormentata è certo. Ma alla fine sono riusciti a convincerlo il presidente dell’Assemblea Nicola Cristaldi e gli altri due deputati di An Enzo Fragalà e Guido Lo Porto, tutti pronti a ribadire che non c’è alcun rischio di «strumentalizzazione di una vicenda umana». E Cristaldi: «La candidatura è semmai un deterrente contro il cannibalismo politico e giudiziario».
Ha contribuito alla scelta l’ultima polemica esplosa due giorni fa a margine del processo per la strage di via D’Amelio in corso a Caltanissetta, dove un vicequestore esperto in intercettazioni telefoniche, Gioacchino Genchi, ha riacceso i riflettori sul possibile ruolo del Sisde nel massacro di Paolo Borsellino. Ha addirittura parlato di «indagini frenate» dalla magistratura indicando la «possibilità» che l’autobomba in quel drammatico pomeriggio del 19 luglio ’92 sia stata azionata dall’alto di Monte Pellegrino dove si trovava un ufficio del Sisde. Affermazioni ritenute «gravissime» e criticate dagli stessi magistrati, a cominciare dal pm di Caltanissetta Anna Palma oggi in Procura a Palermo come vice del procuratore Piero Grasso. Ma per Contrada sono state un nuovo campanello di allarme su una «persecuzione» che forse continua. Così prima ha precisato che all’epoca «il capo del Centro Sisde di Palermo era il colonnello dei carabinieri Andrea Ruggeri, di Torino, in ottimi rapporti con l’ex procuratore Caselli», e poi ha accettato la proposta di An.
«No, non c’è un nesso diretto fra quelle sciocchezze e la candidatura», assicura Contrada, che però si lamenta dei silenzi ufficiali: «Mi meraviglia come le istituzioni dello Stato non reagiscano cacciando via un ufficiale di polizia giudiziaria che, testimoniando in tribunale, si permette di fare ipotesi anziché portare elementi di fatto». E questa è forse la «battaglia» che più interessa Contrada perché «il mio calvario non si ripeta più per nessuno», come dice indicando Fragalà: «Si, è il figlio di un mio amico che indossò la camicia nera come me. Ma la mia carriera si interruppe a 13 anni, da "Balilla". Adesso si crea un ponte fra la mia giovinezza e la mia vecchiaia. Ma "da indipendente"».

Felice Cavallaro


Il Corriere della Sera 26/5/2001