società
  cronaca
  politica
  satira
  cultura
  TUTTE
SOCIETÀ 19-06-2001

BOSSI, IL POTERE NON CANCELLA I VIZI

di GIORGIO BOCCA

Il giorno in cui Bettino Craxi venne nominato segretario del Psi ero a Roma con Riccardo Lombardi. «Che ne pensi?», gli chiesi. «Chissà - disse lui - dicono che il prete più discusso se nominato vescovo possa diventare un santo». L'idea tutta italiana che il potere cancelli i vizi delle persone non ha conferme nella nostra storia ma si affida anche lei alla divina provvidenza. A leggere le cronache politiche di questi giorni non pare che diventare vescovi, cioè ministri, cambi la testa di chi è stato chiamato a governarci. I giornali hanno pubblicato una fotografia del raduno di Pontida in cui appaiono sul palco alcuni dirigenti in camicia verde con il braccio destro di traverso sulla panza nel gesto del giuramento all'americana e frammezzo, un po' nascosti in abito scuro, forse lo stesso del giuramento al Quirinale, i ministri Bossi e Castelli, una furbizia del tipo ci siamo e non ci siamo, poco meglio di quella del ministro Maroni che per non esserci si è fatto venire il mal di pancia. Una pagliacciata o un'offesa allo Stato? Dicano i politici di che si tratta. Di sicuro una manifestazione del peggior arlecchinismo, nato per l'appunto da queste parti.
Che cosa insegna Pontida agli italiani? Che in questo paese si può giurare fedeltà alla Repubblica tenendo le mani dietro la schiena a dita incrociate nel gesto di chi pensa «qui lo dico e qui lo nego»? E giurare fedeltà a qualcosa che non c'è e non c'è mai stata, mai come ora con quel misero meno di quattro per cento dei voti; e giurare che ci si batterà per la sua libertà e contro la repressione dello Stato centralista, mentre nel campo sacro circolano dei giovanotti in maglietta con su scritto «Italia di merda ti odio. Secessione». E poi ascoltare i progetti dell'ingegner Castelli, ministro della Giustizia il quale promette di «abolire i delitti di opinione» come quello di definire la bandiera italiana "una bandiera da cesso". E aggiungere che questo suo democratico proposito di cancellare l'infame legge fascista Rocco si lega ad una sua origine anarchicosocialista. Quasi a riparare un errore del ventennio come se già nel regno liberale gli anarchici non venissero rinchiusi nelle segrete o speditamente fucilati.
Pare sfugga a questi nuovi vescovi che la nazione, la patria, lo Stato, subiscono già, di questi tempi, le innovazioni e le violenze del globalismo neoliberista e che per tenerli insieme, per non cadere in una società retta soltanto dal profitto occorre affidarsi a un patto di lealtà, a un bisogno di civile convivenza, a una corretta ma salda difesa dei nostri diritti che se non andiamo errati è la linea politica seguita da quel presidente della Repubblica nelle cui mani hanno deposto i loro giuramenti.
Povera Repubblica, con tutti questi vescovi ministri o presidenti di Regione che vogliono farla a pezzi. Non si direbbe che la devolution rivendicata da Bossi e perentoriamente richiesta da Formigoni sia la migliore delle medicine amministrative. Pare che la sanità pubblica affidata alle Regioni abbia già sforato il bilancio di diecimila miliardi, ed è lecito prevedere che le larghe deleghe alle Regioni in materia di ordine pubblico e scolastico aumentino anziché tagliare la pletora burocratica. Ma questa è la tendenza vincente e i nuovi vescovi ministri fanno a gara per accelerarla.
C'è anche il vescovo, davvero vescovo, Buttiglione, che ancor prima di entrare nel suo ufficio ha deciso per sé ma anche per conto degli altri, che bisogna aprire la campagna contro l'aborto con una valutazione della libertà di scelta e di giudizio delle donne italiane piuttosto a buon prezzo, un milione al mese per un anno e non parliamone più. Subito seguita dalla richiesta della parità fra scuola pubblica e privata, con l'appoggio esterno del ministro Letizia Moratti, in elegante abito verde con scarpe viola la quale ci ha spiegato che a suo parere la scuola privata è molto meglio della pubblica soprattutto per una come lei che manda il figlio in una di quelle università americane che hanno costi proibitivi per i comuni cittadini.
Da ciò che si legge nelle cronache politiche si potrebbe dire che anche una persona di grande intelligenza come Lombardi poteva sbagliare: diventare vescovo non cambia il prete. Ed è curioso come una parte della pubblica opinione si sia convinta o lo finga che per essere diventati vescovi, personaggi che hanno passato la vita a violare le leggi, a farsi largo con tutti i metodi legali o meno, a restar fedeli a ideologie autoritarie, a obbedienze clericali, partecipi di tutte le mafie del potere, improvvisamente indossato l'abito scuro e accolti dal dottor Gifuni in un salone del Quirinale, siano miracolosamente cambiati, abbiano perso con il pelo il vizio.
Ma il potere non è quella arcana faccenda che ti permette di coltivare impunemente i tuoi vizi?

La Repubblica 19/6/2001