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POLITICA 19-06-2001

LE PAROLE CHIAVE ALL'IMPRESA

"E lo faremo" Lavoro, sanità, scuola, fisco. Un programma per cambiarci i connotati

ROBERTA CARLINI



" Chi è stato imprenditore sa cosa vuol dire un contratto". Naturalmente lo sanno anche gli inquilini, gli operai o quelli che hanno fatto un mutuo in banca, ma tant'è. La frase ad effetto del discorso programmatico di Berlusconi svela ottica, cultura e linguaggio del programma stesso. Affidato non alla puntualità dei numeri o dei progetti, ma alle parole chiave che raccontano i termini di quel "Vogliamo cambiare l'Italia. E lo faremo", ripetuto tre volte.
Impresa. La pronta dichiarazione di voto di Agnelli è più che motivata. Alle ragioni dell'impresa e all'attuazione dei programmi della Confindustria Berlusconi dedica le parti centrali del discorso in materia di economia e società. Cita gli "incentivi al reinvestimento degli utili" (la nuova edizione della legge Tremonti, destinata a portare sovvenzioni a pioggia), "l'emersione del sommerso" (leggi: condono tombale per le evasioni contributive del passato, già pronto per il Dpef), e soprattutto "la flessibilità del sistema contrattuale". In questo campo "il governo farà la sua parte", i sindacati (per carità) hanno la loro funzione, vanno difesi "alcuni diritti" ma "non bisogna cedere a una visione statica e corporativa delle tutele sindacali". In mattinata, il presidente di Federmeccanica Pininfarina aveva spiegato la sua versione della "flessibilità": smantellamento del contratto nazionale. Ma la prima battaglia sarà sui contratti a termine: il governo pare intenzionato a procedere scontrandosi col "no" della Cgil.
Tasse. Il Cavaliere promette di portare l'aliquota massima dell'Irpef a un terzo del reddito: ciò vuol dire che i più ricchi risparmieranno il 10-15% del loro attuale contributo fiscale. Questo vuol dire "economia sociale di mercato"? Beh, Berlusconi ha un pensierino anche per i poveri: i pensionati al minimo, il cui assegno sale di 100mila lire a 1 milione al mese. Non menziona, nel discorso, l'abolizione promessa della tassa di successione (dimenticata o rinviata a tempi migliori?). Mentre molto parla dell'eredità dei conti pubblici dell'Ulivo, di una situazione "per usare un eufemismo, molto complicata".
Sussidiarietà. Con i capitoli dello stato sociale arriviamo all'altra parola-chiave del programma berlusconiano. La sussidiarietà stato/regioni/comuni (dove il primo interviene solo in caso di inadempienza o incapacità degli altri due livelli di governo) è citata a proposito del federalismo, con relativa promessa alle regioni di autonomia e reponsabilità "anche fiscale". Ma nel discorso della destra italiana "sussidiarietà" diventa anche sinonimo di privatizzazione: così la parola ritorna a proposito della sanità (capitolo introdotto da stereotipi del pubblico malfunzionante, ospedali pieni, liste d'attesa e letti nei corridoi) e della scuola. In tutti e due i casi, si parla di riforma del "sistema pubblico/privato": per la sanità, con l'autonomia regionale (Formigoni docet) e lo smantellamento della riforma Bindi ("i medici non sono funzionari pubblici!", bisogna tagliare lacci e lacciuoli alla loro professionalità). Per la scuola, con la fine di una concezione "statalista e dirigista", un sistema di "qualità e libertà" nel quale sono esplicitamente citati i "finanziamenti alle famiglie" (non dice "buoni" ma la strada è tracciata).
Grandi opere. "Ponti, metropolitane, strade e autostrade". Basta con l'ambientalismo "integralista" per il quale l'asfalto è di per sé negativo. Ci si può scommetere: nel Dpef qualche antipasto della colata di cemento che ci aspetta ci sarà. Insieme a un "cambiamento della legislazione". Berlusconi non dice quale, parla il suo programma: "ogni grande opera decisa dal governo e approvata dal parlamento è per legge conforme a legge". Dunque non tollera intralci, né legali né locali né ambientali.
Il Manifesto 19/6/2001