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SOCIETÀ 19-06-2001

IL CASO "SOLE24 ORE" UN GIORNALE DI PARTITO?


piero ottone

Non entro nel merito della disputa sul "Sole 24 Ore", autorevole quotidiano economicofinanziario. Il "Sole" appartiene alla Confindustria. Il suo presidente di nomina ancora fresca, Antonio D'Amato, ha deciso a quanto sembra di nominare un nuovo direttore (Guido Gentili), spostando quello attuale (Ernesto Auci) al posto di amministratore delegato. Gli ex presidenti dell'associazione, fra i quali sono personaggi come Gianni Agnelli e Luigi Lucchini, sono scesi in campo in difesa della direzione attuale (il giornale va bene e ha successo), costituendo de facto un comitato di garanti a difesa della continuità. Se ne parlerà, a quanto sembra, giovedì prossimo in una riunione confindustriale. Ci sarà scontro? O compromesso? Chi vivrà vedrà.
Ma l'occasione è opportuna per porre una domanda pertinente: è giusto, è conveniente che il più diffuso quotidiano d'informazione economica in Italia appartenga alla Confindustria? O, se preferite, allarghiamo il campo: qual è l'assetto ideale della proprietà di un giornale al nostro tempo? Vecchio problema, con antichi pessimi trascorsi per quel che riguarda la nostra storia anche recente. Ricordo che nel 1945, alla fine della guerra, i sei partiti dei comitati di liberazione chiesero e ottennero dagli alleati la licenza di pubblicare ciascuno il suo quotidiano (magari un giornalino) in ogni capoluogo di regione, secondo una concezione perversa, ma imperante, del giornalismo: il giornale come organo di propaganda. Già mezzo secolo prima Luigi Einaudi aveva combattuto quella visione del giornalismo, sostenendo che l'editore ideale è piuttosto quello mosso unicamente dalla ricerca del profitto: ciò lo avrebbe spinto a fare il giornale più credibile quindi migliore, perché il giornale migliore avrebbe venduto di più e guadagnato di più. Vero, ma non del tutto: l'editore in cerca del profitto può essere spinto a fare un giornale sensazionale, irresponsabile, ahinoi menzognero, turlupinando i lettori per aumentare le vendite. Le vie di Belzebù, come quelle del Signore, sono infinite.
Anche in Italia, più tardi che altrove, ci siamo liberati a poco a poco della visione del giornale come organo di partito, come strumento di propaganda o come difesa di interessi particolari. Ma non del tutto. La strada è ancora lunga. E per tornare al nostro caso: il fatto che "Il Sole" appartenga alla Confindustria, cioè a un'associazione di parte, con interessi di parte, contrapposti agli interessi delle altre parti sociali; il fatto che il presidente pro tempore della Confindustria abbia come azionista unico il diritto di nominare di volta in volta il direttore secondo i suoi imperscrutabili disegni: tutto questo, anche se ineccepibile dal punto di vista legale, mi sembra infinitamente disdicevole. Si tratta di un assetto proprietario antiquato, un po' feudale, incompatibile con un paese moderno. E infatti le Confindustrie degli altri paesi occidentali non posseggono, che io sappia, alcun giornale.
Soluzione? Già molti anni fa, sotto la presidenza Lucchini, si era avanzato il progetto di quotare "Il Sole" in Borsa, sottraendolo alla proprietà diretta della Confindustria (la quale dovrebbe ancora figurare, certamente, fra gli azionisti importanti), e facendone il quotidiano dell'economia (in senso lato) piuttosto che dell'industria «tout court» , con rappresentanza, nel consiglio di amministrazione, di istituzioni di valenza economica senza interessi diretti, quale per esempio l'Università Bocconi. Si potrebbero rispolverare quei progetti. Marco Tronchetti Provera, attuale presidente del "Sole", è forse la persona più adatta per prendere l'iniziativa e per esplorare il campo.
Sogni d'oro? Può darsi, soluzioni così avanzate richiedono nei vari organi interessati, per diventare realtà, un livello culturale di buona qualità, che sappia scorgere i propri interessi in una visione distaccata dal contingente.
Siamo certi che un "Sole" indipendente gioverebbe alla lunga alla Confindustria più di un giornale alle dipendenze dirette del presidente. Se ne renderanno conto i nostri industriali? Noi siamo convinti che la società italiana, di anno in anno stia maturando e migliorando. "Il Sole" come banco di prova? Ancora una volta: chi vivrà vedrà.
La Repubblica 19/6/2001